Commento al Vangelo della IV domenica di Quaresima

Gv 9, 1.6 

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

 

«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» questa è la domanda che i discepoli pongono a Gesù dopo aver incontrato un uomo cieco. Quante volte anche a noi è capitato di convincerci che le “sfortune” della vita siano una punizione per degli errori commessi? L’atteggiamento così spiccatamente umano dei discepoli ci permette di sentirli più vicini e ci sembra di comprendere il loro modo di “vivere” le difficoltà. Tuttavia, la risposta di Gesù chiarisce bene come, nell’ottica dell’Amore, quelle che noi reputiamo “sfortune” o difficoltà in realtà siano delle vere e proprie possibilità di incontrarLo. L’uomo cieco sperimenta questo incontro che gli ridona la vista, ma non ci appare subito consapevole dell’impatto che esso ha avuto nella sua vita. Pian piano, durante il colloquio con i farisei, l’uomo inizia a prendere coscienza dell’importanza di quell’incontro; della Sua importanza. Questa consapevolezza, nata in modo graduale, permette all’uomo di riconoscere in Gesù il Figlio di Dio. I suoi “occhi” ora sono davvero in grado di vederLo e di riconoscere in Lui: << la luce venuta nel mondo>> (Gv 3,19). L’invito che ci viene fatto, per incontrarLo realmente, è di cercare nei momenti di “buio” la Sua luce e non lasciarci assalire dall’autocommiserazione.

Michela Limone

 

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