Commento al Vangelo della VII domenica di Pasqua

 Mt 28,16-20

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Questo brano del Vangelo è una scena di congedo: Gesù si allontana e pronuncia le  sue ultime preziosissime parole.
“Lascia” su questo monte degli uomini confusi ed impauriti, che ancora dubitano; affidando loro il compito di battezzare e insegnare a vivere ciò che ha comandato, riponendo nell’uomo tutta la sua fiducia. La parola “battesimo” deriva dal latino “baptismus”, che significa letteralmente “immersione”: Gesù chiede agli undici di immergere ogni uomo in Dio e insegnargli a lasciarsi amare.
Prosegue poi dicendo: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo», in altre parole: «io non sono solo un ricordo, sono qui adesso, come lo ero ieri e lo sarò domani».
La manifestazione di Gesù è costante e si compie in mille modi e mille sfumature; non siamo un popolo che  vive su questa Terra e che “un giorno vedrà il Signore”: Egli è presente nella nostra vita, basta solo guardare con i giusti occhi per scorgerlo nei luoghi in cui viviamo e preghiamo, nel lavoro che facciamo e nelle persone che amiamo, nella gioia e nella sofferenza.
Perché è l’amore che rende presenti, non la fisicità: chi ci ama per davvero lo sentiamo vicino a noi anche da lontano, a volte più vicino delle persone che sono davanti a noi materialmente.

Cristina Simeone

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