Commento al Vangelo della III Domenica di Quaresima

"In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”»."

Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima contiene due messaggi: il primo sulla conversione, il secondo sulla misericordia di Dio. Gli ascoltatori di Gesù sono stati raggiunti da una notizia di cronaca, relativa a una strage avvenuta in Galilea: mentre venivano offerti sacrifici per chiedere a Dio aiuto e protezione, la polizia del governatore Pilato aveva compiuto un eccidio, mescolando il sangue delle vittime offerte con quello degli offerenti. La mentalità corrente, infatti, considerava ogni disgrazia avvenuta come castigo per una colpa commessa. Gesù vuole distruggere quest’ immagine del Dio che castiga, tanto cara agli uomini religiosi di ogni tempo, in Israele come nella chiesa, fa anche un altro esempio ovvero quello delle diciotto persone sulle quali crollò la torre di Sìloe.

Gesù ci insegna ad avere uno sguardo diverso sulla vita: ogni vita è precaria, è contraddetta dalla violenza, dal male, dalla morte. Dietro a questi eventi non bisogna vedere Dio come castigatore e giudice – perché Dio potrà eventualmente fare questo solo nel giudizio finale, quando saremo passati attraverso la morte – ma discernere le nostre fragilità, i nostri errori inevitabili, la precarietà della vita. Per fare ciò l’unica via efficace sembra essere la conversione. Ma se non ci convertiamo periremo tutti nello stesso modo. Moriremo tutti senza aver conosciuto Dio. 
Convertirsi allora è volgersi verso Dio per scoprire il suo vero volto, per ascoltare la sua vera voce. Il nostro Dio è il «sempre presente» che ascolta la voce del suo popolo. Lui è colui che c’è e che sempre ci sarà, nella nostra vita e nella vita del mondo. Ed è forse, anzi sicuramente, a questo Dio infinitamente e instancabilmente presente che dobbiamo volgerci per lasciarci da lui cambiare, perché Cristo lotterà fino alla morte, per dare “una dolce speranza e per concedere dopo i peccati la possibilità di pentirsi”. Gesù infine per far comprendere queste novità portate dal Vangelo, racconta la parabola di un uomo che sta per far tagliare l’albero di fichi che ha piantato da un contadino poiché non produce alcun frutto, però quest’ultimo gli consiglia di aspettare ancora un anno prima di tagliarlo poiché in quell’anno avrebbe potuto produrre frutti. È quindi questo un esempio della possibilità che ci da Gesù di convertirci, infatti prolunga il termine per l’albero di fico della parabola, ma sottolinea anche che ciò non durerà in eterno.

Serena Pirone - Gruppo preghiera

Commenti

  1. Grazie Serena per il tuo bellissimo commento. Poter rileggere di pomeriggio il Vangelo ascoltato la mattina in chiesa con i commenti di voi giovani è veramente un'opportunità in più per riflettere,così da mettere in pratica la Parola di Dio durante la settimana.

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